Storia delle tre Lune

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Il mondo era stato creato ed alterato.
Le Tre Lune Gemelle figlie di Themis, che un tempo splendevano insieme dalla volta notturna, erano ora divise: un muro di nebbia, creato dalla Dea per far cessare le continue battaglie tra gli astri, le stava separando.
Agli occhi dei primi abitanti di Extremelot solamente Luri, durante la notte, regnava attorniata dalle stelle: i suoi argentei bagliori consolavano gli uomini dalle tenebre, il candore del suo splendore, più intenso delle stelle, infondeva loro speranza.
Così le sue due Sorelle, giacevano dimenticate oltre la barriera nebbiosa: nessuno osservava il rosso fulgore di Neft o le tenebre concentrate in Uri.

Le ere si succedettero, l’Alba delle creature figlie della Dea: il potere degli esseri viventi creati da Themis cresceva, ed essi apprendevano e costruivano.
Nonostante questo, le Tre Lune non erano soddisfatte.

Oltre la nebbia, la Rossa e la Nera Luna condividevano i pensieri della loro Bianca Sorella: le creature del mondo sottostante non si preoccupavano della Conoscenza di cui esse si nutrivano.
Li vedevano, deboli, affidarsi prima a giocattoli di legno, poi di rame, bronzo, ed infine di ferro ed acciaio.
La Conoscenza era ciò che agli uomini mancava. Il Sapere. Le tre Semidee erano consapevoli della forte e selvaggia Magia che permeava il mondo: l'essenza stessa di Themis e di Simeth.
Pur divise decisero che agli uomini quel potere doveva essere concesso affinché divenissero grandi.

Le divinità trigemine s’immersero così nelle viscere della terra. A lungo sembrò che Luri splendesse meno fulgida del consueto. Esse dimoravano, infatti, nel mondo terreno, attirando a sé la Magia ed imbrigliandola con i loro poteri uniti: raccoglievano le pure energie arcane, manipolandole, plasmandole, rendendole infine controllabili.
Quando tornarono ad osservare il mondo dall'alto dei loro astri le Tre Sorelle distesero ciò che avevano creato su tutta Extremelot e lo rimirarono sorridendo: Luri dall'alto del cielo, Neft e Uri da oltre la barriera nebbiosa.
Un tessuto di lucente blu, formato da trame sottili permeava ora la terra. I canali di Magia da loro creati brillavano per il potere in essi racchiuso e agli occhi semidivini rivelato. Fulgori azzurrognoli, intensi, tra loro intrecciati erano parte della Magia prima grezza, ora divenuta come un mantello.

Le Tre Lune sapevano che ora gli uomini avrebbero potuto imparare ad utilizzare la Magia: i segreti con cui esse avevano creato il Tessuto dovevano però essere svelati, affinché potessero accedervi. Solamente pochi eletti avrebbero potuto dipanare il mistero che celava alla moltitudine la presenza della Magia: sarebbero appartenuti alle Arti Arcane, da studiare, comprendere ed amare. Null’altro avrebbe dovuto aver peso nella vita di coloro che alla Magia si sarebbero avvicinati. Sarebbe stato difficile arrivare a cogliere i misteri legati al potere, poiché le Tre Sorelle avevano elargito la Magia al mondo intero, ma effettivamente avevano voluto proteggere e tutelare il potere maggiore, quello più impetuoso e forte, distruttivo e sconvolgente. Avevano legato ad esso alcune inesorabili condizioni, prime fra tutte lo studio e l’applicazione.

Tuttavia erano diversi gli individui a cui le Gemelle volevano indirizzare il proprio sapere, così come differente era il modo in cui essi avrebbero potuto utilizzarlo.
Luri guardava con favore agli uomini buoni di cuore, pronti a fare del bene, ad agire per aiutare i deboli. L’Argentea riteneva che ad essi dovesse andare il Sapere, perché potessero servirsene per difendere i propri fratelli a cui la conoscenza sarebbe stata negata.
Avrebbero posto la propria Arte al servizio del benessere comune.
L’Oscura Uri, invece, approvava coloro che, spregiudicati, volevano ingrandirsi, aumentare la propria potenza, il proprio sapere, pronti a calpestare i loro stessi familiari o chiunque potesse intralciare il loro cammino pur di raggiungere i propri scopi. Ella credeva essere questa la giusta via da seguire, quella che avrebbe messo l’Arte al servizio delle aspirazioni personali.
Neft approvava entrambe le vie e nessuna. La Rossa Signora credeva che solo l’Equilibrio, il mantenimento del benessere comune e delle aspirazioni personali che parevano tanto in contrasto fra loro, dovessero rappresentare la via da intraprendere per chi si fosse donato all’Arte. Ed i poteri magici sarebbero stati dunque al servizio dell’Equilibrio, al mantenimento del non prevalere di alcuno dei precetti delle due sorelle.

Ancora una volta litigarono. Luri ed Uri si scontrarono, mentre Neft pensava che la libertà di scelta dei propri adepti sarebbe dovuta valere per tutte loro. Fu così che le Tre Gemelle si ritrovarono nuovamente divise: l’amore per la Magia le aveva unite, ma impossibili da unire erano le rispettive convinzioni sulle situazioni e le modalità con cui il Dono sarebbe dovuto esser usato.
Per questo si disinteressarono nuovamente degli esseri di Extremelot.


L’oscurità della Caverna era intensa ma alcuna fiaccola era necessaria al Nano ad essa abituata.
Finghas percorreva i corridoi di nuda roccia, alti, ampi e magistralmente scavati seguendo precise regole che potevano essere paragonate all’architettura, dalla propria razza. Tuttavia, a differenza della genia a cui apparteneva, egli non si sentiva eccessivamente attratto dalla pietra e dai segreti in essa celati, scintillanti doni del ventre del Mondo. Di rado egli scendeva nelle caverne da cui ora tornava, i passi delle corte gambe tozze vagamente più rapidi al solo anelante pensiero che presto avrebbe potuto rivedere la volta stellata. Silenzioso, era consapevole degli occhi invisibili che ne osservavano il passaggio, evitando però il Nano che tanti disprezzavano eppure temevano, a causa delle conoscenze a cui si dedicava, ai misteri che cercava di cogliere, all’interesse da lui dimostrato per ciò che troppi non comprendevano.

Con una scrollata delle spalle forti e ampie il Nano procedeva mentre il chiarore dei cunicoli sotterranei faceva posto a quello della notte. Con un sospiro, lo sguardo ombroso della creatura si rasserenò nell’istante in cui poté posarsi sulla miriade di stelle che fiocamente illuminavano il cielo
Il sollievo provato presto si dileguò al pensiero cupo di ciò che con il passare delle lune apprendeva.

Si era avvicinato a ciò che la sua razza fuggiva, l’incontrollabile Magia, l’aveva assaporata, gustata e ora l’amava a tal punto da non sapervi rinunciare. Tuttavia, i segreti di cui le Lune Gemelle l’avevano messo al corrente, si erano rivelati difficili da tradurre in atti: la Magia veniva incanalata nel corpo con sforzi sconosciuti alle altre razze. I segni che il Nano portava sulle braccia corte e muscolose, quelle cicatrici, erano la conseguenza del suo odio per la propria statura e fisicità. Laddove aveva lasciato che il proprio pugnale gli trafiggesse le carni, squarciandole con profondi tagli, egli risentiva il sudore sulla propria fronte, la spossatezza inenarrabile che lo coglieva ogni qual volta utilizzava il potere.
Oh, certo, pensava, gli Elfi e le altre creature che da lui avevano appreso l’Arte andavano tanto fiere della propria bravura ed attitudine. Oramai l’invidia era profondamente radicata del cuore del Nano. Gli era impossibile guardare quanti aveva chiamato allievi senza notare i loro progressi che a lui erano invece strappati.

Sollevando gli occhi, brucianti per la frustrazione, verso le Tre Lune che chiaramente avvertiva invocò la Madre, Themis, ed i suoi Semidivini Figli. Ma oscure ed inimmaginabili sono i desideri dei Potenti: Simeht, da sempre geloso ed avido istigò le Gemelle l’una contro l’altra.
Alle orecchie di Luri sussurrava che l’Oscura Sorella cercava di regalare maggiori poteri ai propri discepoli … ad Uri giunsero le melliflue parole narranti l’amore che per l’Argentea veniva nutrito dalle schiere di Maghi che andavano infittendosi. Nulla riuscì invece distogliere Neft, nessuna menzogna e nessuna verità, ella restava, in disparte, consapevole che i conflitti tra le due Sorelle erano sottilmente legati e lo sarebbero stati in eterno. Ella credeva, infatti, che non fosse possibile unire ciò che era nato diviso: solo far sì che non venisse distrutta né l’una né l’altra. L’ira delle due Lune colpì il mondo, ove ancora una volta giunse Morte; la magia priva di controllo si scatenò ai comandi delle due Sorelle. Fu allora, per la prima volta, che la loro opera amata, il Tessuto, subì i primi danni. Veniva lacerato dai potenti scontri magici delle due sorelle, i canali di potere si annullavano, consumati dalla furia, o si annodavano, sovrapponendosi. Nelle zone del mondo corrispondenti profondi cambiamenti avvennero. La Magia era impossibile e cessava di esistere laddove gli squarci erano venuti a crearsi; era priva d’ogni regola e pericolosa quando la ragnatela di potere si trovava scomposta e caotica. Le prime zone di Magia Morta e Selvaggia, i due incubi, terrori indicibili, d’ogni fruitore.

I Mari sommersero le Terre ed allora Themis decise di intervenire a fermare le Figlie.
Luri si vantava di avere la Madre dalla sua parte, Uri di essere depositaria del potere di Simeht. Neft restava ancora in disparte, solo i danni creati al Tessuto la preoccupavano e tentava di porvi rimedio, ma senza i poteri delle sorelle unite era impossibile.
Themis udì anche le preghiere del Nano, basse, rispetto alle grida delle rabbiose Figlie.
Egli chiedeva, con dedizione e fervore, di poter progredire nel cammino della Magia, disposto anche a rinunciare alla propria costituzione. Sinceramente colpita da quella creatura e dalla fede che in lei riponeva, la Dea gli chiese, come valutandone il cuore seppure per lei fosse un libro aperto, quale punizione avrebbe dovuto infliggere alle Tre Sorelle.
Il Nano parlò, la voce roca, lo sguardo basso dinanzi a Colei che era la Madre del Tutto. Ma si espresse con l’animo, asserendo che la punizione maggiore sarebbe stata quella di dover scegliere loro stesse quanti le avrebbero servite. Per Neft, agli occhi di Finghas, la punizione fu maggiore, per sempre avrebbe dovuto ergersi a baluardo delle dispute tra le Sorelle, ma la Rossa ne fu lieta, non avrebbe permesso che nessuna delle due prendesse il sopravvento sull’altra, per quanto questa pena l’avrebbe spesso distolta, Ella lo vedeva, dall’amato studio.
Themis dunque acconsentì a ciò che il Nano diceva, constatandone la saggezza. Il suo primo interesse era corso, infatti, alla Magia, sebbene canalizzata nel Tessuto, ancora priva del controllo estremo che ne avrebbe caratterizzato la natura d’opera, privilegio per pochi.

Le Gemelle furono così costrette a scegliere i propri eletti, i nuovi Maestri. Themis punì, infatti, anche le razze che, arroganti, avevano palesato la loro bravura nell’Arte, quasi questa fosse da esibire per suscitare l’invidia altrui. Ella le privò dei poteri fino allora acquisiti e stabilì quindi che una Prova gli allievi dei Maghi avrebbero dovuto superare. Sarebbe servita ad indagare i loro cuori, verificare a quale delle Lune si sarebbero realmente dedicati. Consapevoli che lo scotto per il fallimento sarebbe stata la morte e che sarebbero dovuti essere pronti a rinunciare alla vita stessa per la Magia, i fruitori si sottoponevano alla Prova.
Solo così sarebbe stato tutelato l’accesso ai poteri maggiori.

La Dea, misericordiosa, donò al Nano ed ai suoi discendenti una costituzione maggiormente portata per la Magia ed i poteri innati dell’Illusionismo. Essi furono chiamati Gnomi.
Le Tre Gemelle infine decisero, di comune accordo, che avrebbero scelto tre creature, a cui svelare i propri segreti, e che sarebbero state i Primi Veri Maestri.


- Dalle scritture di Oryl il Bianco –

E’ notte, dalla finestra della mia casa osservo la Bianca Signora. Esalo un sospiro sommesso, permettendogli di sfuggire alle mie labbra mentre rammento l’incontro con Ella. E’ così vivo, splendente nella mia mente, così come le sue parole e la sua bellezza ... oh sì … la Candida Luri mi ha scelto perché io conosca i segreti che permeano questo mondo e me ne serva per aiutare coloro che non li possiedono. La sua voce melodiosa risuona ancora nelle mie orecchie come lo scorrere di un ruscello nelle placide notti estive. I suoi occhi ... i suoi splendidi occhi grigi in cui parevano turbinare tutte le stelle del cielo. Con quanto affetto mi guardava e sfiorava la mia guancia in quella notte di Primavera quando, solo, in una radura si era manifestata. Quale lievezza nel tocco della sua mano sottile, dalla carnagione come avorio ... i capelli rilucevano di bagliori argentei e dorati, come se i due metalli si fondessero nella sua chioma fine e setosa.
La vedo davanti a me come se vi fosse realmente, eppure anni sono passati dalla sua comparsa.
Ora due giovani apprendisti riposano dopo la dura giornata di studio. Veniamo guardati con sospetto per via dell’Arte che manifestiamo. Tuttavia spesso i nostri concittadini, la gente delle valli, sorride tenuemente, ringraziandoci per il potere con cui li aiutiamo.
Ammutoliscono quando manifestiamo ciò che conosciamo, eppure non comprendono appieno il sacrificio che questo comporta, né il significato che la Magia ha per noi.
Luri, la Splendente mi avvertì che avrei rinunciato ad una parte di me per ottenere quei segreti.
Le Sue fiamme bianche, accecanti, calde ma non pericolose mi avvolsero quando accettai, e fu come se portasse via da me una parte della mia forza, della mia energia vitale; ma non avevo ancora appreso che ciò che sarebbe stato da quel momento la mia vita, la mia aria, avrebbe anche risucchiato le mie energie inesorabilmente, come scotto per un potere a pochi rivelato.
In pochi istanti mi sono sentito dilatare anche se le parole non basteranno a descrivere quella sensazione. Ella mi rese parte di Sé e di possenti energie che, scoprii, avvolgevano il mondo come una tela. La chiamò Tessuto magico, le correnti d’energia a me sconosciuta le chiamò Magia, quello che io avrei poi plasmato mettendo a frutto i suoi insegnamenti sarebbe stata l’Arte Arcana. Noi saremmo stati chiamati Maghi, Manipolatori del Tessuto.
Ciò ho io insegnato ai miei Allievi. Nessuna razza oscura può da me venir scelta, i loro animi corrotti di rado si rivolgono a noi, se non attirati dal potere, ma poi, di certo attratti da lusinghe personali altrove voltano lo sguardo. I precetti dell’Argentea vanno seguiti o Ella ripudia coloro che la tradiscono ed i fruitori fedeli devono cacciare e punire costoro, privandoli dei segreti prima appresi.

Questa notte Ella mi ha fatto visita in sogno. Entro seicento delle rotazioni intorno al Suo asse i miei Allievi saranno pronti e la più anziana di loro, Leria, tornerà dalla missione che le ho affidato, dalla ricerca di nuovi possibili apprendisti. Fino allora io resterò con quelli che oggi dimorano nella mia casa, poi lascerò che anche lei mi aiuti ad istruire i futuri Maghi.
La Conoscenza deve essere tramandata da Maestro ad Allievo, in eterno, fintanto che esisteranno individui pronti a votare la loro esistenza al sentiero illuminato dai Suoi candidi fulgori. La vita di noi Umani è così breve, troppo per la conoscenza infinita che si stende oltre ogni nostra immaginazione. Un giorno, ho visto, nello spazio infinito da Ella rivelatomi, Maghi dalle Bianche Vesti, in segno di devozione a Luri, camminare liberi di esercitare la propria Arte e con loro dimoreranno altri seguaci della Magia, perché oltre alla mia Signora ne esistono altre due.

- Dalle scritture di Myrcella, l’Oscura -

Sono passati quasi tre secoli da quando sono stata accolta sulla via della Nera Luna.
Uri, incarnatasi, venne a me. Il falco nero dagli occhi tenebrosi quali mai ne avevo visti mi aveva attirata fuori dalle case nel bosco, per sentieri che mi parevano ignoti nonostante fossi cresciuta nella foresta. Rammento perfettamente la consistenza del manoscritto che avevo con me, stretto al petto in fiore, prezioso volume contente alcune leggende del mio popolo. Avevo mozzato un orecchio ad un serva di mia madre pur di averlo, poi era apparso il falco e l’avevo istintivamente seguito. Il volatile era scomparso dietro una massiccia quercia e, quando la aggirai, la mia sorpresa fu grande: vidi una donna meravigliosa, più bella d’ogni Elfo da me incontrato in precedenza. Non apparteneva alla mia gente, le Sue orecchie, piccole e rotonde erano imperfette ai miei occhi, prive di punta. Tuttavia, senza aver mai incontrato un essere Umano, sapevo che non poteva appartenere alla loro stirpe inferiore. Mio padre mi aveva sempre raccontato con una smorfia di disprezzo quanto essi fossero ridicoli e goffi.
Ma Ella era splendida, fredda e pericolosa come una lama ben temprata. La Sua regalità e maestosità traspariva e si espandeva nell’aria ad ogni alito, ogni respiro … ogni breve ed intenso cenno. Il crepuscolo nasceva ed i Suoi capelli corvini parevano assorbire gli ultimi raggi di luce e riflettere le tenebre alle Sue spalle incombenti. Le ombre sono solitamente in contrasto con il chiarore delle stelle che noi Elfi tanto adoriamo, eppure, la Sua pelle perfetta, chiara come i piccoli astri che rischiarano la notte, era nulla in confronto ai suoi occhi blu, intensi, senza età, in cui brillavano le screziature violette che solo la notte fonda sa avere.
Un sorriso freddo e sicuro si apriva sul Suo viso, arcuando le labbra carnose, quando parlò con voce indescrivibile, eterna ed irraggiungibile … rivelò a me il Suo Essere.

La mia ambizione e sete di sapere erano ciò che aveva percepito e che stava ricercando, io avrei dovuto seguire e perpetrare questi concetti senza sosta durante la mia lunga esistenza. A mia volta avrei dovuto trovare e addestrare altri individui, altre razze. La mia alterigia sarebbe rimasta e perdurata, tuttavia coloro che erano promettenti li avrei dovuti accogliere ed istruire. La via sarebbe stata ardua ma la ricompensa dolce come il miele: potere quale mai avrei potuto sognare. Quella sola parola mi spinse ad accettare ed un turbinio oscuro mi avvolse, in esso notte e balugini azzurri, e gelo. Uri m’istruì nella sua Arte in pochi istanti. Divenni potente e temuta appena rivelai il mio potere. Dovevo studiare giornalmente i tomi che Ella mi aveva donato, libri dalla copertura di nero raso che i miei genitori rifuggirono non appena li videro. Li difesi strenuamente scagliando incantesimi contro la mia stessa famiglia … nessuno poteva toccarli ed Ella mi proteggeva.
Presto molti compresero cosa significasse provare ad attaccarmi: lingue di fuoco rispondevano alle loro spade arroventandole, mentre ridevo ai loro miseri incantesimi innati.
La Signora mi aveva avvisato che alcune creature maggiormente legate alla terra potevano aver carpito alcuni dei segreti che a me aveva però rivelato totalmente. Io avrei potuto controllare i canali della Magia per ottenere ciò che desideravo, senza scrupoli. Il mio studio era assiduo, febbrile poiché giornalmente dimenticavo le formule attraverso cui potevo plasmare le energie arcane. Gli incantesimi erano come fiamme nella mia mente finché li studiavo con costanza o non li utilizzavo.
Una notte poi, con il favore della mia Signora, me ne andai, avevo appena raggiunto la piena maturità per il mio popolo, circa un centinaio d’anni umani. Abbandonai coloro che mi avevano messo al mondo e mi allontanai per mettere a frutto le mie ambizioni e mantenere la promessa fatta alla Nera Luna: trovare degli allievi a cui insegnare i segreti dell’Arte che si sarebbero altrimenti persi con la mia, seppur lontana, morte.
Oggi sono ancora viva e potente, a capo di un gruppo di Maghi dalla Nera Veste.
Nelle città vicine tutti ci temono ed a ragione: chiunque ci ostacoli o minacci viene spazzato via. Apprezzo l’ambizione dei miei apprendisti e fruitori di rango più elevato: sebbene io sia sopravvissuta a molti di loro; la loro devozione alla Magia è totale e per essa danno sé stessi, incuranti dello sforzo fisico che richiede. Ancora una volta una parola li ammalia come tuttora, come trecento anni fa, ammaliò me: il potere.


- Dalle scritture di Caladni, il Rosso -

Sono di ritorno dal Concilio che ha appena avuto luogo nella Sala Grande. Stranamente nella Torre regna grande animosità, soprattutto tra i nostri allievi più giovani, mentre i maestri, i Maghi di rango più elevato già riflettono sulle notizie portateci dal nostro Gran Maestro, il nostro Shalafi, così come lo chiamo nella lingua di mio padre, in elfico.
Egli è tornato da una cerca, un viaggio: Neft, la nostra Rossa Signora della Magia gli ha ordinato, visitandolo in sogno quasi novecento rotazioni fa, di partire alla ricerca d’altri fruitori di Magia.
In quel periodo il nostro Ordine era già stabile e contava numerosi adepti, il tempo era maturo perché i manipolatori della Trama venissero riuniti o almeno trovati. Così è stato.
Dobbiamo conoscere coloro che esercitano poteri come i nostri … i nostri fratelli nell’Arte: sottili vincoli ci legano e noi dobbiamo mantenere saldo l’Equilibrio, apprendendo come essi agiscono. Da quanto lo Shalafi ha saputo non seguono i nostri stessi precetti, ma altri.
E’ di vitale importanza scoprire quali questi siano più approfonditamente possibile: a grandi linee il nostro Maestro ha asserito che alcuni indossano candide vesti e sono devoti al Bene, altri sono abbigliati di nero e votati alla propria ambizione.
La Luna Argentea che ogni notte splende in cielo è colei che guida coloro che vestono di bianco: Luri la chiamano. La Signora dei Maghi Neri è, invece Uri, invisibile, così come la nostra Rossa Signora. Non abbiamo mai avuto percezione della Magia delle due Signore e ciò vale anche per gli altri Maghi, riteniamo perciò che si possa percepire solo la Luna a cui si è devoti.
La presenza di Neft è forte come il potere che ci ha concesso.
Il nostro Maestro ci ha raccontato molteplici volte come, il fondatore del nostro Ordine, il potente Mago Rosso Vesha fu avvicinato dalla Rossa Signora, quattro secoli or sono.
Egli era d’animo riflessivo, difficilmente preda delle emozioni. L’osservazione e, in seguito, solo eventualmente l’azione erano le linee guida della sua vita.
Non si gettava con animosità nella difesa strenua o nell’attacco privo di scrupoli: egli ponderava lungamente prima di prendere qualsiasi decisione.
Così noi oggi ci comportiamo, fedeli agli insegnamenti dell’Eletto della Rossa. Colui che ha abbracciato le fiamme, che ha potuto osservare il volto semidivino della nostra Signora.
Si narra che sia d’incommensurabile bellezza: dal volto pallido, i capelli che racchiudono tutte le tonalità del caldo oro e lo scarlatto del fuoco. Le Sue emozioni sono celate dagli occhi dorati, in cui danzano screziature rossastre, come fiammelle dotate di vita propria. Dietro il volto imperscrutabile cela i propri pensieri, pianifica con cura affinché ciò a cui Ella guarda sia sempre mantenuto e protetto: l’Equilibrio.
Questa è la seconda parola che custodisce il segreto dei nostri comportamenti. Ad esso tendiamo in ogni istante. Gli è superiore solo il nostro amore per l’Arte, amore che ci unisce ai nostri confratelli ancora sconosciuti. Perché conosciamo bene l’estasi che attraversa il nostro corpo quando gli incantesimi vengono sferzati dalle nostre lingue, parole incomprensibili a chi non è un Mago, parole potenti, vibranti d’arcana energia. Accettiamo senza proferire verbo la stanchezza che s’impadronisce delle nostre membra dopo ogni singola manipolazione del Tessuto. E’ il fio che paghiamo per esercitare il nostro potere, così come lo studio accanito a cui ci dedichiamo. Anche gli altri usufruitori si servono di componenti per incanalare o catalizzare le energie Arcane. Abbiamo quindi constatato che i gesti rituali per gli incantesimi sono pressoché i medesimi. Anch’essi accompagnano le parole con gesti od oggetti, così come noi facciamo.
La nostra Arte è dunque la medesima, solo differenti sono gli scopi che ci guidano.
Ora noi apprenderemo dai nuovi confratelli come si comportano, così come essi faranno da noi … perché è scritto che un giorno ci riuniremo sotto una sola guida, uniti dall’amore per la nostra Arte e da un maestro che percepirà le Tre Lune sapendo discernere le tre distinte vie.


Documento comune ai Tre Ordini di Magia
** Certificazione del Sommo Detentore dell’Arcana Saggezza Shanty **