CASSIOPEA
Sono
nata nel sud, in un regno lontano, splendida terra, baciata dal sole e mare,
regno di cultura e folclore, con alla spalle una storia lunga e contraddittoria.
Mia
madre è la primogenita di un principe delle terre del nord, signore di un vasto
dominio, ultimo di una stirpe antica e nobile, mentre mio padre è
un’esponente del terzo stato, un lavoratore figlio di contadini.
Come
due ruscelli, unendosi ad un tratto del loro corso, danno vita ad un fiume, che
di ambedue ha in se le acque, ma è nuovo rispetto ad entrambi, così il sangue
di mia madre e di mi padre hanno ugualmente vita in me, che partecipo allo
stesso modo delle nobili origini dell’una
e degli umili natali dell’altro.
Giunsi
a Lot nel primo anno della fondazione della città vecchia, al termine di un
lungo viaggio, che avevo intrapreso per motivi di studio, e, rimastane
affascinata, decisi di trovarvi stabilmente dimora.
L’accoglienza
che trovai presso i lottiani fu immediatamente calorosa.
Come era legge allora, scrissi al Gran Duca, per chiedere che mi fosse
concessa la cittadinanza e, ottenutala in breve tempo, inizia a guardarmi
intorno, cercando un’attività cui dedicarmi, desiderando mettere le mie
capacità al servizio del Gran Duca
e dell’Urbe e lavorare a maggior gloria di Themis.
Si
pubblicava allora “L’araldo di Lot”, cui mi rivolsi per offrire la mia
collaborazione. Fui molto delusa di non ricevere una risposta, ma non mi persi
d’animo e mi rivolsi ai Nobili, chiedendo l’autorizzazione di fondare un
nuovo giornale.
Ricevuta
la loro solerte e positiva risposta alla mia prece, mi si pose il problema di
come riuscire nell’intento che mi ero prefissata. Conoscevo allora pochissimi
lottiani e non potevo andare in giro per la città a chiedere
che qualcuno mi scrivesse degli articoli, così mi decisi a mettere un
annuncio in bacheca.
Offrivo
10 monete d’oro, l’equivalente della pelle di un lupo ucciso ai monti delle
nebbie, per ogni articolo, racconto o poesia pubblicati.
Nacque
così Il Bardo, il giornale dei cittadini di Lot. Il numero zero, sperimentale,
fu pubblicato nel dicembre del primo anno della fondazione .
Non
era molto bello e conteneva poche pagine, ma fu ugualmente una grande
soddisfazione rendermi conto che i
Nobili lo avevano fatto affiggere alle porte della città.
Questo
solo gesto bastò a conferire a Il Bardo immediatamente grande popolarità e a
far fioccare tantissime richieste di collaborazione.
Tra
i molti che si offrirono di affiancarmi nel mio lavoro, ad uno in particolare va
la mia gratitudine e la mia perpetua amicizia: Ser Calin, il cui contributo al
giornale, prima in qualità di disegnatore, successivamente di vicedirettore, ne
determinò la bellezza e la fama.
Il
meraviglioso sodalizio che ci univa si interruppe con la guerra ed il crollo
della città vecchia.
Nel
regno ricostruito, Il Bardo faceva fatica a riemergere dalle sue ceneri, a
raccogliere nuovamente intorno a se le forze economiche e creative, che
l’avevano animato, mentre Ser Calin, mercé il suo brillante talento, aveva
immediatamente trovato nuovi scopi verso cui indirizzare la proprie capacità.
I
numeri 6 e 7, i primi due dalla rifondazione del regno, sono stati entrambi
deludenti sia per contenuto che per impaginazione.
Con
l’attuale edizione, totalmente diversa dalle precedenti ed ancora in via di
formazione e di evoluzione, spero di essere riuscita ad imprimere un nuovo corso
alla storia del giornale.
Tra
i primi lottiani che mi concessero la loro attenzione vi fu Ser Metallo, che
allora mi pare fosse un membro dell’esercito. tra noi fu amore a prima vista e
il nostro fu tra i primi lotrimoni celebrati a Lot, col bellissimo rito, di
origine romana, della conferratio.
Anche
il nostro divorzio fu uno dei primi concessi nel regno. la causa fu patrocinata
dall’allora azzeccagarbugli fresco di nomina Seya, mentre la giurisdizione in
tema di divorzio apparteneva alla Somma sacerdotessa di Themis Urania. Io e il
mio ex marito rimanemmo a lungo in ottimi rapporti, ma col sopraggiungere delle
truppe di Honorius persi completamente le sue tracce.
Divorziammo
perché lui mi aveva tradita pubblicamente. Io non ne rimasi sorpresa, perché
già dal suo comportamento avevo avuto modo di intuire la verità, ma ne fui
profondamente ferita nell’orgoglio.
Per
questa ragione, quando successivamente mi legai a Ser Calin, non volli mai
ufficializzare la nostra unione, anche se il nostro rapporto fu lungo e felice e
io ne conserverò sempre grato e piacevole ricordo.
Solo,
di numerosi
che furono, ad un episodio vorrei accennare, ossia la sera in cui capimmo
di amarci, poiché era la sera del primo ed unico ballo in maschera mai tenutosi
a Lot, nel febbraio appena successivo arrivo nel regno, presso la corte nel
palazzo del Conte Erik.
Fuggì
dalla città in fretta e furia, quando le fondamenta iniziarono a tremare e i
nemici, che da tempo occupavano le fogne, iniziarono a spuntare qua e la come
funghi e a dar prova della propria ferocia nei luoghi più impensati, perché si
sa che la penna ferisce più della spada, ma io non avevo nessuna voglia di
sperimentare questo detto contro un goblin assetato di sangue.
Tra
i miei ricordi, eterno, incancellabile, sempre vi sarà quello del Conte Erik,
che immediatamente mi dimostrò la sua amicizia e la sua stima ed i cui paterni
ed affettuosi consigli, il cui disinteressato e costante patrocinio non potrò
mai dimenticare.
Una
sera di fine aprile, chiamata da una misteriosa voce nelle sue stanze, il suo
spettro mi si manifestò, cercando di comunicarmi qualcosa, che io purtroppo non
capì.
Ancora
mi sono stati cari amici, tra gli altri, la strega Malik, il druido Anemon,
Normanno, il fu Barone Dashas nelle sue molte vesti e cariche, Lord Weps, dalle
innumerevoli personalità, l’allora Giudice avilio, Miluna, che fu abilissimo
e solerte vicedirettore de Il Bardo, ed ancora tantissimi, che non cito, ma il
cui pensiero sempre mi accompagna e la cui memoria mai perderò.
Ho
25 anni, sono alta, ne grassa ne magra.
Il mio incarnato è nobilmente diafano, come quello della nonna materna,
mentre gli occhi sono di un caldo marrone scuro, come quelli del nonno paterno.
Dolce
come il miele ed amara come il fiele, il mio temperamento
è un continuo oscillare tra estremi, come di estremi è fatta la mia
complicata natura.
Amo
leggere, soprattutto romanzi classici, ma anche saggistica e poesia. Scrivo
racconti e poesia e mi piace ideare e creare pubblicazioni simili a Il Bardo.
Dallo
scorso settembre pratico con passione le arti marziali
e, quando le molteplici istanze del mio io confliggono dolorosamente,
trovo ristoro nella meditazione e nel silenzio.
Sono
curiosa e mi piace fare sempre nuove esperienze. La crescita continua
e l’evoluzione personale sono per me il sale della vita, mentre la
stabilità mi è sempre apparsa paurosamente simile alla morte. Amo le persone,
amo conoscere sempre persone nuove ed interessarmi a loro e alla loro vita,
confrontandomi con modi di vedere, vivere e sentire diversi dai miei, crescere
nel continuo confronto col mio prossimo.
Ho
un carattere affettuoso ed aperto, ma, se non mi sento ricambiata, divento fiera
ed orgogliosa, fredda e vendicativa. Sono molto passionale, per questo è facile
farmi arrabbiare, ma desidero sempre riappacificarmi e perdonare. Sono timida ed
arrossisco facilmente.
Da
quando sono rientrata nel regno riedificato, non ho più legato il mio cuore a
nessuno, ma mi pregio dell’affetto e dell’amicizia di tanti amici, che mi
sono vicini nei momenti di tristezza come in quelli di gioia e a cui mi lega il
più sincero amore.
Amo
i miei figli Kjir e tidus, che oltre ad essere progenie premurosa e piena di
attenzioni, mi rendono ogni giorno più orgogliosa di loro.
Sono profondamente credente e sempre ringrazio Themis per ogni momento di gioia, ma anche per i dolori e le delusioni, perché so che essi sono gli strumenti con cui il divino di manifesta nella nostra vita.