Thrain Fireforge

 

Il mio nome è Thrain Fireforge. Sono nato nella lontana Erebor, la splendente Montagna Solitaria, 198 anni fa.  

Discendo per linea paterna dal grande eroe Thorin Scudodiquercia, della stirpe di Durin.  

Fin dalla mia prima giovinezza ho dimostrato una certa insofferenza verso l’isolazionismo dei miei consanguinei, e la mia indole avventurosa mi ha portato a compiere lunghi viaggi, accompagnando spesso mio zio e mio padre nel loro mestiere di

mercanti per le città di tutta Arda; nei periodi in cui rimanevo in patria apprendevo l’Arte del combattimento dai Maestri della Roccaforte.  

Alla morte di mio padre ho continuato a viaggiare come mercante nei paesi più lontani; ho peregrinato per le incantate terre degli elfi (per cui provo meno ostilità dei miei consanguinei), ho visitato le città degli umani e la Contea, ad oriente e occidente, a nord e a sud ho peregrinato per tutto il Beleriand.  

All’età di 90 anni mi sono stanziato per qualche lustro ad Umbar, una città a Sud della Contea, dove ho lavorato come falegname e dove ho conosciuto alcune delle persone che sono diventate i miei compagni di viaggio per molti anni: Thranduil, un elfo della luna, Haplo, un mezzelfo, e Ganzit ed Eogan, due fratelli, il secondo un druido.  

Con loro ho iniziato la mia vita da avventuriero. Ho visitato innumerevoli luoghi, lontani e vicini, intrisi di magia ed bui, sempre armato della mia ascia e del mio coraggio.  

Sciogliemmo la compagnia dopo molti anni, quando gli anni erano ormai troppi per gli umani ed io incominciavo a sentirmi troppo vecchio per cacciarmi nei guai.  

Tornai ad Umbar, al mio tranquillo lavoro di falegname, e alle fiere, passando il tempo a ricordare le notti passate sotto le stelle e il clangore della battaglia.  

Mantenendo salda la mia amicizia con Haplostrinsi un buon rapporto anche con un giovane umano del posto, Iluen, a cui insegnai a combattere, e con una famiglia di Hobbit della Contea, portando di tanto in tanto Gilbo, il loro figlio, in giro con me per fiere.  

Avevo ormai 150 anni quando un giorno un gruppo di orchetti attaccò la città. 

Dopo molti anni impugnai di nuovo la mia ascia e provai di nuovo l’ebbrezza della battaglia.  

E decisi che dovevo ripartire.  

Incominciai un lungo viaggio con i miei amici; per i boschi di Solace, attraverso le nobili

terre di Solamnia, sui monti di Thorbardin, abbiamo sempre viaggiato, senza badare ai pericoli, difendendoci l’un l’altro, cercando una strada nuova "a est del Sole, a ovest della Luna".  

Ho viaggiato sempre con i miei amici, sentendomi come un padre per molti di loro, in particolare per Gilbo (non azzardatevi a dirglielo però…).  

Sono giunto nelle terre del Granducato a settembre di quest’anno e ho deciso di terminare il mio peregrinare.  

Haplo e Thranduil hanno proseguito oltre, ma so che ci rincontremo per la nostra

ultima avventura.  

Con me sono rimasti Gilbo, Iluen e Nutari, un giovane elfo che ha viaggiato con noi ricercando la magia.  

Non so un giorno ripartirò o se morirò come tutti i vecchi nani passando tranquillamente i miei ultimi anni.  

A Lot ho trovato amici e giustizia e ho votato la mi vita all’Antico Codice, che ora illumina la mia strada, entrando nell’Ordine dei Paladini.  

Ricopro la carica di Paladino Eroe e ho alzato la mia ascia contro Honorius entrando nell’Ordine della Spada. 
 

Cosa dire del mio carattere? Sono un nano. Brontolone, cocciuto, mi lamento degli acciacchi e non dico mai parole carine o gentili in pubblico… In realtà ne penso molte mi sento un vecchio nonno burbero che incomincia a guardare gli anni passati con crescente nostalgia.  

Le amicizie che creo sono solide come la roccia delle stanze di Erebor e morirei per

difendere un amico (in primis quel pomolo di porta di Gilbo che mi fa disperare…). 

Sento dentro di me un brivido ogni volta che combatto e l’Onore detta le mie azioni. 

La mia parola non viene mai meno e spesso elargisco massime (l’età…) colme (a parer mio…) di saggezza.  

La mia vita? L’avventura e la scoperta, il che mi rende un nano molto atipico. Forse un giorno partirò davvero per il mio ultimo viaggio, ma so che non sarò solo… con

me ci saranno gli amici o i loro spiriti… e con loro viaggerò, fino alla fucina di Reorx; lì mi siederò e aspetterò, lisciandomi la barba, quel pomolo di porta di Gilbo, che si sarà cacciato in qualche guaio…  

Est Sularus oth mithas…