Fra le polveri delle Antiche Pergamene, un brillìo evanescente illumino’, per un attimo infinitesimamente esiguo, la Pergamena n.6. Fu così che prendendola essa sembro’ quasi rinnovarsi in una vivida luce che assunse dapprima la tonalità dell’argento puro, e solo in seguito essa, dividendosi, muto’ in luce rossa come il Crepuscolo, candida come l’Alba e cupa e oscura come l’ombra della Notte. E in quel magico rilucere, la pergamena mi narro’ un’antica Storia:
“La Storia della Torre dei Maghi”
....Era un dolce mattino di primavera, i profumi della tenera stagione già si mescolavano con i riflessi che il primo caldo sole creava, grazie alla sua luce, fra le fronde degli alberi e nei vicoli delle case. Io non sono solito alzarmi tardi al mattino, ma in quei giorni mi piace restare un po’ di tempo sottocoperta, per usare un gergo marinaresco, ed assaporare gli ultimi minuti di sonno nel dormiveglia. La finestra della mia piccola camera si apre di fronte al letto, così posso godermi, ancora da sdraiato, il panorama del cielo ed i primi crinali dei colli lontani, illuminati dal chiarore mattutino. Una di quelle mattine, mentre ancora pensavo a cosa fare e decidevo le commissioni da sbrigare, vidi passare alto nel cielo il corvo Nero. Non mi meravigliai di scorgerlo, egli adora volare sulla cittadella e sui prati che la circondano e si diverte a fare larghi giri per poi gettarsi in picchiata spaventando le pecore che brucano o le lepri che corrono felici. Mi alzai e corsi alla finestra per guardarlo; quel giorno, però, il suo volo era diverso. Lo osservavo passare sopra il tetto della mia casa, lo vedevo sparire, per poi riapparire prendendo la direzione dei Monti delle Nebbie; poi tornava e ricominciava a percorrere il medesimo tratto di cielo. La cosa m’incuriosì; lesto presi il secchio dell’acqua per lavarmi e, sempre seguendo con un occhio il corvo, altrettanto rapidamente mi vestii. Scesi di corsa le scale e mi gettai fuori. Lo cercai nel pezzo di cielo che sovrastava la mia casa e lo avvistai. Quando mi vide emise il suo solito verso che tanto mi è amico e, dopo pochi giri, riprese la direzione dei Monti. Imboccai il viottolo che porta a valle e poi mi addentrai nei campi. Avvertii l’umido della brina entrare nei miei calzari, ma non ci feci caso tanto ero preso da quell’avventura. Di fronte a me si alzavano in lontananza i Monti, perennemente avvolti dall’indissolubile nebbia. Giunsi ai primi dissesti del terreno che avvertivano l’approssimarsi della montagna. Nero continuava a roteare sopra di me. Sentivo i morsi della fame che si facevano più insistenti, dato che non avevo neppure fatto colazione, preso com’ero dall’impeto di seguire il volo dell’amico corvo. Mi sedetti su di un tronco e sbucciai la fetta di formaggio, tolsi dalla bisaccia anche una mezza pagnottella di pane di grano e a morsi cominciai la frugale colazione. Cercai con lo sguardo il corvo per offrirgli un po’ di briciole, ma non riuscii a vederlo. Lontano si udivano i rumori che a Lot precedono l’ora del pasto: carri che rientrano dal lavoro nei campi, urla di bimbi e schiamazzi d’animali. Questo è ciò che avvertivo davanti, ma alle spalle invece era come se giungessero rumori fantasma d’antiche guerre … i Monti delle Nebbie, da sempre campo di battaglia cruenta fra il Bene e il Male. Le urla dei Soldati colpiti e dei Goblin uccisi a morte, il ferro delle spade e lo scoccare delle frecce. Segni del tempo rimasti custoditi in eterno.
Terminai il veloce pasto e mi dissetai ad una fontanella che sgorgava dalla roccia. Tolsi un po’ di polvere dai calzari e, vedendo tornare Nero sopra di me, decisi di riprendere il cammino. Imboccai il sentiero che risale il crinale e dopo pochi passi, voltandomi, già non vedevo più le mura della cittadella a causa della nebbia che si richiudeva infida alle mie spalle. Continuai a salire, non perdevo il corvo un istante: lui che entrava ed usciva dalla nebbia come se stesse giocando a rimpiattino. Ad un certo punto il sentiero voltava a sinistra, ma Nero, invece, s’infilò in una bassa galleria di frasche. Se lo avessi seguito avrei abbandonato il tracciato battuto, ma non mi parve assennato continuare la strada maestra, pur più sicura essa fosse, dato che ero lì giunto per seguire il corvo. Con coraggio, e vi garantisco che per un Hobbit ce ne vuole, decisi di seguire il volo di Nero e m’inoltrai in quella terra, ancora più ostile di quella che avevo appena lasciato. Camminai per un breve tratto sotto a delle frasche, poi gli alberi presero a riaprirsi ed a stendersi di nuovo verso l’alto. Io vedevo solo qualche metro del tronco e le prime fronde, poi il bianco lattiginoso della nebbia nascondeva ogni cosa. Il colore scuro delle piume di Nero però non mi tradiva e potevo ancora seguirlo e sentire il battito delle sue grandi ali. Continuai, inciampando un po’ qua e un po’ là, a causa dei grossi sassi che impedivano il mio passo sicuro, finché, fra quella bianca eterea natura che m’ingoiava, vidi un enorme sasso sul quale in alto stava immobile una sagoma scura. Pensai fosse Nero che si era fermato per aspettarmi, ma più mi avvicinavo e più mi rendevo conto che quella sagoma non gli assomigliava. <<Quando sarò a pochi passi egli riprenderà il volo>> pensai, ma invece giunto a qualche metro nulla si mosse. Mi bloccai ed il cuore cominciò a battere più forte; avevo un bastone in mano e presi istintivamente a sbatterlo sulle pietre e sui rami più bassi. Ad un tratto, mentre io ero lì a pensare su cosa dover fare, sperando che Nero tornasse a vedere che fine avessi fatto, quella sagoma si mosse e attraversò la nebbia proprio a pochi metri da me. Era sicuramente un Mago, ma non ne riuscivo a scorgere il colore della sua veste. La figura iniziò a scomparire nella nebbia ed io, guardandola, m’accorsi di aver perso il senso dell’orientamento e di non avere più idea da che parte si trovasse Lot. Quella veste che scompariva nella nebbia mi faceva paura, ma ne avevo ancor di più a restare da solo sui Monti delle Nebbie mentre cominciavano a calare le prime ombre della sera. Afferrai saldamente il mio bastone e, cercando di non fare rumore, mi avviai dietro a quell’ombra nella nebbia, sperando che mi conducesse ad una strada conosciuta. Raggiungemmo una radura tra gli alberi e la vaga immagine che mi precedeva si fermò, rimanendo immobile come assorta nei suoi pensieri. Io mi nascosi dietro ad un albero, mi avvolsi nel mio mantello e rimasi a guardare. Mentre lo facevo, però, tutto intorno cominciò a confondersi e qualcosa m’inghiottì. Mi sentii assorbire da una forza superiore, magica e fui spettatore, come la mia memoria poi diventò conservatrice, di questa storia che mi appresto a raccontarvi. Come sempre la nebbia era fitta ed i suoni giungevano ovattati e lontani. Il bianco manto della nebbia avvolgeva Aurian nel suo velluto silenzioso, la sera stava calando e lei sapeva, anche senza vederla, che la bianca Luri si stava levando sopra i Monti delle Nebbie per spargere su di loro la sua luce.
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Nessun attacco aveva turbato la quiete di questo limpido pomeriggio appena trascorso, e la Maga si era allontanata dagli odorosi Giardini di Lot, porgendo saluto ad alcuni Cittadini ed avviandosi per le strade illuminate dai bagliori di fuochi e lanterne accesi nelle case per tenere lontana la nebbia, che iniziava a calare dalle pendici dei Monti.
Camminò ancora, finché gli edifici si fecero più radi e la Rocca si delineava all’orizzonte, poi, con calma, s’avviò su uno dei pietrosi sentieri che percorrevano le pendici dei Monti delle Nebbie, fino a quando, levando gli occhi, vide stagliarsi nero contro il cielo, il noto profilo della sua Torre. Il suo passo s’affrettò appena, il suo cuore attratto dal luogo che più d’ogni altro tutti i Maghi possono chiamare casa. Il pesante portone con i profili intarsiati di rune e simboli, che avrebbe potuto essere violato solamente da una forza immane o da una potente magia, si dischiuse silente al suo passare, riconoscendo il suo diritto di varcarlo. Un’ampia sala si stendeva in fronte a lei, una sala deserta, ma sui cui lati magiche torce ardevano giorno e notte, senza consumarsi e senza produrre un solo filo di fumo. Accarezzò con lo sguardo le pareti grigie della stanza, ravvivate dai colori vivaci d’arazzi e dipinti che per immagini narravano la storia di quell’Ordine.
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I suoi passi avanzarono su un soffice tappeto, conducendola verso gli scalini di marmo che scendevano giù, nei sotterranei della Torre, o in alto, verso gli altri, numerosi piani, e le sue stanze … Rimase un attimo ferma davanti a quelle scale, un senso d’oppressione le stringeva il cuore, un timore di qualcosa che non le rivelava il suo vero volto, ma che era vagamente presente nella sua mente e le preannunciava una sventura. Salì. Presto dalla semioscurità delle scale emerse la luce di nuove torce, disposte al primo piano ad illuminare le porte che davano accesso alla Camerata degli Adepti ed alla Sala adibita per il pranzo. Un senso d’urgenza la spinse a salire ancora, oltrepassando il secondo piano, dove tre porte davano su stanze ancora vuote, che attendevano l’arrivo di coloro che, fra gli Adepti, sarebbero stati promossi ad Iniziati. Tre porte, tre colori, dove i giovani studenti avrebbero avuto dimora secondo la Veste cui aspiravano … Al terzo piano, le stanze singole per coloro che già avevano meritato Veste e Simbolo di Mago … e poi su ancora, al quarto piano, dove porte di lucido legno, riccamente intarsiate, indicavano le dimore dei più potenti membri dell’Ordine. Centrale fra tutte, in fronte a lei, riluceva nella penombra la stella d’oro che indicava le Stanze della sua Shalafi … ma ancora non era quella la sua meta, ed ogni bagliore scomparve mentre giungeva a livello del quinto piano, dove s’aprivano gli accessi ai laboratori … porte scure, che celavano depositi delle più strane sostanze necessarie per i Maghi, tavoli carichi d’ampolle e strumenti per i loro esperimenti, stanze dove riponevano i magici artefatti che la Gilda creava o aveva occasione di rinvenire …
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Si soffermò per qualche istante con gli occhi chiusi, avvertendo il vago sentore di ciò che qui veniva conservato, dolciastra mistura d’innumerevoli aromi, profumi di fiori ed erbe misti ad odori animali ed altri indefinibili, tra cui spiccava solo per qualche sfumatura, come un vago sentore d’antico o forse di morte … Il senso d’oppressione diventava sempre più forte e la Maga si affrettò su per la scala, mentre alla sua mente affiorano sgradite immagini di certi esperimenti che i Neri talvolta usavano condurre; giunse rapidamente al sesto piano, varie porte davano accesso ad un unico ambiente: la Biblioteca, dove su file e file d’imponenti scaffali gravava il peso della sapienza dell’Ordine, coltivata e sviluppata nei secoli e raccolta in imponenti volumi ed innumerevoli pergamene … Forte divenne la tentazione d’entrare e perdersi nel sapere ivi raccolto, in quell’atmosfera permeata da un silenzio quasi irreale, da un profondo sentore di conoscenza, da una sensazione di potere dormiente … Qui era il cuore dell’Arte che i Maghi amavano e per la quale avevano vissuto … in quelle pagine ingiallite dal tempo, in quei volumi che mani di Maghi avevano carezzato con attenzione … amore e desiderio, anno dopo anno, secolo dopo secolo, vita dopo vita.
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Ma non era ora il momento … ormai la sera si era trasformata in buia notte e lei doveva riposare, se voleva essere forte abbastanza per studiare il suo Libro l’indomani e, come ogni giorno, come ogni mattina, ripassare, ripetere e ripetere ancora le formule in esso contenute … fino a farle nuovamente sue, fino a sentire la Magia risvegliarsi dentro di sé, ancora una volta … Improvvisamente s’accorse che la sua mente era vuota, non una formula, non un incantesimo riaffioravano tra i suoi ricordi. Riprese a salire con il respiro che si faceva affannoso. Al settimo piano, quattro porte rilucevano debolmente alla pallida luce delle magiche torce. Una porta massiccia, nera come l’ebano e decorata da un pentacolo che sembrava più scuro ancora, quasi assorbisse la luce, sigillava la Sala dove le Vesti Nere si riunivano, e dove si teneva il loro Consiglio. Poco distante, una porta dal legno chiaro, quasi rosato era ornata da un pentacolo di una sfumatura sanguigna, che indicava la Sala di ritrovo delle Rosse Vesti. Più oltre ancora, la porta che conduceva alla sala delle Bianche, pallido legno su cui scintillava un pentacolo d’argento. Dietro ad essa immaginava i pavimenti grigio perla, lucidi alla bianca luce della luna Luri quando scintillava attraverso i vetri delle alte, snelle finestre. Vide i pallidi tappeti, gli arazzi e le colonne sottili che s’innalzavano verso il soffitto dipinto a stelle d’argento. Vide la parete di fronte all’ingresso, dove facevano bella mostra di sé i dipinti che ritraevano ogni Evoker fosse mai stato a capo della sua Veste, e sotto, la colonna di marmo su cui posava il Libro, dove, da sempre, era annotato ogni nome di Mago che si fosse votato alla Via di Luri … Con un sorriso rivolto alla porta chiusa, salì ancora, fino a raggiungere l’ultimo piano … un’unica porta avanti a lei, qui, una porta decorata da disegni di stelle e pianeti … si apriva con un semplice tocco, dando accesso ad un ampio ambiente che pareva quasi vuoto, l’alto soffitto decorato ad imitazione del cielo notturno. In penombra, sui lati della sala, s’intravedeva un luccichio come di strumenti in vetro o metallo, posati su lunghi tavoli che la Maga sapeva ospitare anche libri e pergamene; nel centro della stanza un unico arredo, un piedistallo su cui posava una sfera di limpido cristallo.
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Si avvicinò piano alla sfera, fino a posare le mani su di essa, ed un lieve bagliore azzurrato parve pervaderla … alzò gli occhi al soffitto ed il cielo dipinto parve sbiadire nel più profondo nero della vera notte, che ormai era giunta, mentre stelle reali pulsavano di vita ai suoi occhi e la luna vinceva la penombra, con la sua pallida luce. A lungo osservò l’affascinante danza di stelle e pianeti, moto che narrava, a chi lo sapeva comprendere, misteri senza tempo. Mentre sempre di più s’immergeva in quella danza, un’ombra scura attraversò la sfera, le stelle impazzirono e sotto gli occhi di Aurian tutto si dissolse lasciando solo un’immagine che le serrò la gola, bloccando l’urlo d’orrore che da essa stava sorgendo, ed il suo cuore smise di battere gelandosi nel suo petto. I suoi occhi osservavano vitrei le immagini della distruzione della Torre della Magia, mentre la sua mente non riusciva a capire ciò che i suoi occhi stavano vedendo. Le lacrime giunsero copiose a confondendole la vista e bagnandole il volto ed ella staccò le mani dalla sfera per asciugarle. Quando, dopo qualche istante, tornò a vedere, intorno a lei vi era solo nebbia e si accorse che di nebbia era fatto anche il suo corpo.
Luri splendeva bianca nel cielo dissolvendo le bianche spire e da essa la Maga si sentì avvolgere e trascinare verso quell’astro che splendeva nel cielo da cui, ogni mese quando Luri raggiungeva il suo massimo splendore, si staccava per tornare a rivivere, seppur per poche ore, tra le mura della sua amata Torre della Magia, che lei non era stata capace di salvare. La nebbia si era dissolta, come se fosse stata risucchiata dalla luna bianca che ora splendeva nel cielo. Forse mi ero addormentato, perché non vedevo più da nessuna parte la figura del Mago. Mi avviai verso il punto dove lo avevo scorto per l’ultima volta e mi accorsi di attraversare un tratto di terreno completamente brullo, cosparso di vecchie pietre annerite e spaccate. Ne rivoltai alcune con il mio bastone, ma non notai nulla d’interessante, erano solo pietre. Tornai ad osservare gli alberi circostanti, notando tra loro un varco, come se fossero stati attraversati da un antico sentiero. Non essendoci altri passaggi m’inoltrai tra quei tronchi, scoprendo dopo poco la via dei Monti che esce dalla porta Nord di Lot. La notte era ormai fonda quando riuscii a raggiungere nuovamente le mura del Granducato; dopo una lunga discussione con un Ufficiale del Corpo di Guardia lo convinsi ad aprire il portone e finalmente raggiunsi il mio amato letto al riparo delle amiche mura della mia casa. Prima di chiudere gli occhi, come ogni giorno, scrissi questi appunti sui fatti della giornata, anche se ormai non sono certo di aver veramente visto quella figura nella nebbia e non ricordo più la strada che ho fatto per lasciare quelle pietre spaccate che sicuramente erano parte di qualche rifugio di cacciatori.
Althair, Sommo Detentore dell` Arcana Saggezza PadreBrown, Conservatore della Storia Secolare
Aurian, a cui va un grazie tutto particolare”
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Un canto dolce allora pervase la sala delle pergamene, un canto che voglio dunque riportarvi:
La Torre dei Maghi
In un dolce mattin di primavera i riflessi del sol che sorto era, s’univan coi profum della stagione tra gl`alber e le case, ch`emozione! Quel giorno il cielo rimasi a mirar e `l dolce dormiveglia assaporar, per godermi sdraiato `l panorama del ciel lucente come una lama. Mentre pensavo a commission da fare nel blu vidi `l corvo Nero volare e anche se non mi meravigliai per guardarlo dalla finestra m`alzai. Lo osservavo passare e sparire, per poi verso i Monti proseguire con un volo dal solito diverso: la stessa via ripete nel ciel terso! Così mi vestii e fuor mi gettai e questo mi notò quando l`avvistai, che fece `l su` verso e pe` Monti prese e io lo seguii pe` campi e le mese. Così mi vestii e fuor mi gettai e questo mi notò quando l`avvistai, che fece `l su` verso e pe` Monti prese e io lo seguii pe` campi e le mese. Preso da fame, frugal colazione feci s`un tronco e non era finzione quando per offrirgli qualche briciola m`accorsi sol di una bianca nuvola. Chè Nero di nuovo era sparito e strani rumori m`avean colpito in direzion de` Monti misteriosi, di Soldati e Goblin urli paurosi. In quel loco Ben e Mal si son scontrati! I segni del tempo son rivelati! Scoccar di frecce e il ferro di spade s`ode da` picchi alle gole rade. Finito `l pasto vidi Nero tornar il cammino poteva ricominciar! Imboccai `l sentier che `l crinal risale, seguito dalla nebbia che m`assale. <<Nero, che fai? Giochi a rimpiattino?>> pensai mentre maturava `l mattino, ma Nero deviò dal sentier battuto: entrai nell`ostil terra senz`aiuto! Andai sott`alle frasche per un tratto ma Nero c`era! Non ero distratto! La nebbia gli alberi nascondeva, ma la su` scura figura si vedeva. Sentivo le su` ali e inciampando vidi `l fumo: mi stava ingoiando! Potei un`ombra s`un gran sasso notar, ma questa a Nero non potea somigliar! Sperai che questa prendesse `l volo, ma non si mosse e, poiché ero solo, sperando di spaventar la creatura menai un baston su una pietra dura. Nero non tornò ma l`ombra si mosse, era un Mago e la nebbia scosse ma non vidi `l color della su` veste, ché sparì nel fumo con gambe leste. L`orientamento avevo smarrito, sì dall`ombra e da` Monti impaurito, mentre il crepuscolo m`avvolgeva, volli veder dove mi conduceva. L`essere mi portò a una radura e qui vidi fermarsi la figura, che non mi avesse visto sperai: tutta la mi` destrezza adoperai! M`avvolsi nel mio nero mantello, ma tosto m`accorsi del dur fardello! Fui preso da una forza superiore e d`una gran storia fui spettatore! Il perlaceo manto avvolgeva Aurian nel su` velluto e accoglieva la bianca Luri che stava sorgendo e su` monti la su` luce spargendo. Nulla avea turbato la giornata e la Maga s`era allontanata da` Giardini, avviandosi in strada, nella nebbia per le lanterne rada. Prosegue per i Monti ma non corre: dietro la Rocca e davanti la Torre questa era la su` casa! S`affrettò appena il porton dinanzi trovò. Questo, di simboli e rune intarsiato, sol dall`arcan poter può esser violato! Si dischiuse, umile al su` varcar e nel deserto salon potè entrar. Magiche torce ardevan eterne alle grigie pareti materne, che `l su` sguardo solenne accarezzò, tra gl`arazzi di chi l`Ordine narrò. Andò e si fermò dinanzi le scale: qui sul tappeto un dubbio l`assale! Decise di salire nell`oscuro, fosco vede l`incerto futuro! Passò degl`Adepti la Camerata e la Sala da Pranzo, motivata a oltrepassar il secondo piano e verso tre porte tender la mano. Queste degli Adepti attendevano l`arrivo : Iniziati dovevano Diventare, ancestrale colore per la Veste, nel gaudio e nel dolore! Al terzo piano le stanze c`erano di coloro che Maghi già erano, mentr`al quarto, lignee e intarsiate, le porte di figur più rinomate. Di fronte a lei, l`aurea stella, la luce ch`alle stanze di Shalafi conduce, ancor non fu il loco di mistero, ché al sesto piano portò `l sentiero. Qua a` laboratori s`accedeva, dietro scure porte si nascondeva de` Maghi l`immortal attrezzatura e il sentor di un`antica mistura. Ma `l malesser da questa non veniva, ché la Maga `l sesto piano ambiva qui la Biblioteca s`ergeva, sola stanza, che da` libri saper tracola. Tentazion d`aver il poter celato, cuor dell`Arte che i Maghi han amato! In pagine dal tempo ingiallite! Tra anni, eoni e vite dopo vite! Ma le Tenebre eran ormai giunte e spirito e magia eran disgiunte! Al settimo piano prese a salire, per far ancor la magia comparire! Le quattro porte debol rilucevan, grazi`alle torce ch`eterne splendevan la Maga posò la su` attenzione s`un portal nero come il carbone. Un grande pentacolo lo decorava! Lì la Veste Nera il Consiglio dava! Un`altra porta uno vermiglio n`avea: quello delle Vesti Rosse si tenea. La porta bianca con stella d`argento spirava delle Vesti Bianche `l vento e pareti e arazzi s`immaginò, le finestre che Luri sempre baciò. Con la su` luce lunare, sfiorando il soffitto e il Libro ispirando, benedicendo ogni Evoker e Mago del suo pallido splendor mai pago. Sorrise e salì all`ultimo piano, toccò l`unica porta con la mano e entrò nell`ambiente sconfinato, con il soffitto a cielo decorato. Alle stelle dipinte sulla volta prima posò lo sguardo, ma fu colta da un misterioso piedistallo: teneva una sfera di cristallo! Quando su di essa le mani posò pervasa di magia il cielo guardò reale esso era diventato e da Luri era illuminato. La danza da un`ombra fu fermata, ché nella sfera era penetrata e impazzì, agghiacciando d`orrore Aurian e fermando `l su` cuor nel dolore. I su` occhi vitrei eran sconvolti e da vision di distruzion stravolti, ché la grande Torre della Magia crollava tra lacrime d`agonia. Ma svanì la terribile visione, appena dalla sfera in questione, per asciugarsi il volto rigato le mani la Maga ebbe spostato. Ora solo nebbia la circondava: in questa anch`ella si tramutava! Da Luri nel cielo fu trascinata e a rimaner con lei fu destinata. Ogni mese, quando Luri splendore massimo raggiungeva, poche ore Aurian trascorrer ancora poteva, nella Torre che di nuovo viveva. La nebbia così si dissolse e tornai alla realtà o forse sol lo pensai! La figur del Mago era svanita! Or dunque, dove sarà mai finita? Dove fu scorta l`altra volta tornai, ma soltanto pietre annerite trovai, tra gl`alberi circostanti entrato, alla porta Nord di Lot fui portato. Quando rientrai la notte era inoltrata e dopo una lunga chiacchierata con un Ufficiale del Granducato la porta fu aperta! Ero tornato! Quando scrissi dell`accaduto, certo non fui e di sicur non mi diverto a dir che a credere a questo indugio! Pietre nere? D`un cacciator rifugio …
Liberamente tratto dal Mito omonimo depositato presso la Biblioteca dei Detentori dell’Arcana Saggezza
Bardo Cantore
Eldrow
(L`articolo prosegue in
Gilde e Mestieri)
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