L'Addio del Maestro Alannon


...dalle cronache di Lot:

 

«Un soffio leggero di brezza primaverile entrava dalle imposte appena accostate, giusto a far vibrare la fiamma della candela che andava ormai lentamente ad esaurirsi.

Sollevai il capo dalla pila di pergamene che stavo esaminando con cura, stringendo gli occhi mi guardai intorno stancamente. Ero in una piccola stanza, quasi uno studio, collegato alla sala centrale della Biblioteca dei Saggi. Ancora non riuscivo ad abituarmi, mi è sempre difficile ammettere che le vicende lottiane lascino comunque un segno nel mio animo indurito dal tempo. Ricacciai indietro quei pensieri, mentre caparbiamente ciò che mi circondava mi ricordava che ero tornato ad essere semplicemente danyel il Mezzelfo, che qualcuno si ostinava a considerare Saggio.

Spostai con un gesto brusco le carte che avevo davanti, stiracchiandomi lento sullo scranno che sopportava il mio peso da lunghe ore.

La notte stendeva placida le sue spire sulle terre di Lot ed il mio sguardo si trovò a vagare all'esterno. Mi ero alzato quasi inconsciamente, portandomi in piedi alla piccola finestra che dava sulla valle ad Est, poco lontano scorgevo le luci tremule del centro della Cittadella. La fresca aria primaverile mi colpì leggera il volto, inspirai a pieni polmoni facendo quasi vibrare le mie lunghe orecchie.

Da quanto tempo ero lì? Nelle terre di ExtremeLot da molto; durante il mio girovagare per i mondi solo in un altro caso mi ero fermato tanto a lungo in un luogo. «Amo questo posto» mio malgrado e nonostante tutto mi trovai a pensare sogghignando. Ma quante dolorose vicende in questi anni: la morte del Conte Erik, e di lì a breve anche la morte del GranDuca, la scomparsa di tanti sinceri amici ... Lot era cresciuta, ma a quale prezzo.

Una fitta improvvisa nella mano destra mi riportò alla realtà, allontanandomi da quell'isolamento di riflessioni che sempre più spesso mi avviluppava come tela di ragno. Guardare la profonda cicatrice che attraversava la mia mano mi fece ricadere però nei ricordi, di quando io, Mezzelfo agnostico, fui testimone mio malgrado di un intervento sovrannaturale. La Dea usava rimarcare alcuni passaggi della Storia di Lot con la sua manifesta presenza. Scossi la testa incredulo ai miei stessi pensieri, il mio sguardo si ritrovò a soffermarsi sulla cupola dorata del Tempio che si delineava nell'oscurità incombente.

L'Equinozio di Primavera era passato da qualche giorno e le stelle brillavano alte nel cielo, giocando a nascondino tra sottili nubi che, pigre, attraversavano la volta celeste.

Luri splendeva timida quella notte, i suoi argentei bagliori creavano sul Tempio un baluginio tremulo. Dalla finestra cui ero affacciato il Tempio era perfettamente visibile in quella notte tersa; Luri ne sormontava quasi, con la sua stretta falce, la parte superiore. Mossi il capo a cercare nel cielo la sagoma indistinta delle sue sorelle, Neft ed Uri, le altre due lune di Lot, che la leggenda voleva nascoste dalla Dea oltre una barriera di magica nebbia.

C'era però qualcosa d'insolito quella notte, non ho mai capito come o perché, ma in certi momenti la parte elfica del mio sangue sembrava prendere il sopravvento ed i sensi si acuivano.

Mi ritrovai per strada, dopo aver lasciato il confortevole silenzio della Biblioteca dei Saggi. Camminare lungo le strade di Lot nella penombra di una notte primaverile, era una sensazione quasi inebriante per chi, come me, con il calar del sole non era solito frequentare le strade del GranDucato.

Percorrevo vicoli stretti e brevi tratti di scalinate quasi a memoria, incurante dei Lottiani che incontravo e dei loro saluti appena accennati «Atthemis Precettore», o dei secchi saluti dei Militari che pattugliavano in quelle ore la Cittadella «AveLot Precettore»... rispondevo distrattamente «Veritas et Sapientia» e proseguivo nel mio cammino attratto da qualcosa al Tempio.

Vi giunsi che doveva essere passata da poco la mezzanotte, ancora incerto percorsi la breve scalinata che porta al Pronao. Solo allora mi resi conto che ero uscito senza la mia fida balestra, in vero ero anche senza il mantello. Un brivido mi attraversò, ma varcando la soglia del Pronao il mio udito avvertì delle voci provenienti dall'interno del luogo consacrato alla Dea . Pensando ad una qualche cerimonia entrai senza pensarci troppo su e rimasi seminascosto dalla penombra che avvolgeva le grandi navate.

Una voce calma risuonava nel Tempio: «Dea a Voi ridonerò stanotte quanto un lustro fa mi faceste onore, grazie al Vostro figlio il Conte Erik, di indossare» .

Queste furono le prime parole che riuscii a distinguere distintamente. Incuriosito cercai di vedere chi fosse stato a pronunciarle, era una voce conosciuta ma ancora la mia mente non la collegava ad un volto; solo la sua classica musicalità elfica mi suggeriva che non era un Umano.

Con stupore inquadrai nei pressi dell'Altare della Dea il Maestro degli Alchimisti Alannon.

Rimanendo nella penombra vicino all'ingresso, mi fermai ad osservare in silenzio, ancora una volta la mia curiosità ebbe il sopravvento; un'ombra oscurò il mio animo, qualcosa mi aveva attirato lì per testimoniare con la mia presenza quel che stava per accadere.

Tra i pochi presenti, in quel momento, scorsi le figure eleganti della Precettrice Liseah e della Vestale Arwen84, un paio d'Elfi che non conoscevo se non di vista e due Alchimiste, la Prima Assistente dodae e la Custode Lalu.

I saluti tra i presenti riecheggiarono pacati nel silenzio, lo sguardo degli Alchimisti mi sembrava però inquieto e le parole che avevo appena udito pronunciate dal Maestro Alannon facevano presagire che il momento era triste seppur nella sua semplice solennità.

Mi spostai sulla destra discreto, nessuno si era accorto della mia presenza, e non volevo che accadesse in quell'istante. Il mio movimento anticipò solo di poco l'ingresso al Tempio della Custode Oiffos, scorgendola l'aura di tristezza che aleggiava su di me si appesantì. Non vedevo l'Elfa da qualche tempo e ritrovarla in quel luogo, insieme ai suoi colleghi, acuì le mie premonizioni.

Alannon sussurrò qualcosa inchinandosi alla Dea, i suoi movimenti erano lenti, poi rivolgendosi alle Alchimiste , senza riuscire a celare l'emozione del momento , disse : «Mie signore, questa notte la mia leggenda personale prende altre vie. Ero venuto qui per rimanere solo con la Dea, ma mi ritrovo abbracciato da tutte voi».

Le frasi di risposta delle Alchimiste fecero eco alle sue parole, tutto divenne chiaro alla mia mente, erano lì tutte con lo stesso intento, vicine a quel che era il loro Maestro lo stavano per seguire nell'ultima dolorosa decisione.

Altri Alchimisti intanto stavano giungendo, mentre le poche luci delle candele e del Sacro Fuoco proiettavano ombre fugaci sul colonnato, dando all'ambiente un'atmosfera surreale.

Rialzandosi Alannon lasciò scivolare la sua sacca sul pavimento, la voce ferma come sempre: «Bene mie signore, il momento è giunto. Ho ringraziato la Dea, ho visto voi tutte e nessuno potrebbe essere più felice di me in questo momento».

Il mio sguardo scivolò sul volto delle Alchimiste che attorniavano il Maestro, piccole lacrime solcavano i loro volti. Alannon aprì la sua tunica rivelando, al di sotto, i suoi semplici abiti da Elfo, una camicia bianca ed aderenti calzoni di pelle.

Le parole delle Alchimiste tornarono a rompere il silenzio, ed Alannon rivolgendosi a Lalu: «Lalu, ogni Maestro lascia che i suoi allievi seguano le proprie orme … e questo è il momento per me di farlo, senza rimpianti e fiero di voi».

Lalu ribattè guardandolo ed abbozzando un tenue sorriso: «Certo, Maestro Alannon, è questo che stiamo , infatti, facendo.»

Alannon la ammonì sereno: «Mia Custode, io “devo” a voi non è richiesto “nulla” se non quanto mi sono sforzato per cinque anni di predicare … Seguite il vostro cuore, sempre!»

Oiffos intervenne cercando di sorridere: «E gli allievi da bravi hanno scelto di seguire le proprie orme», dodae annuendo alle parole di Oiffos e guardando il Maestro aggiunse: «E noi abbiamo imparato Maestro».

Alannon rivolse un breve sorriso agli altri Alchimisti appena giunti, poi tornando ad osservare Lalu e le altre Alchimiste intorno: «Lalu, che cos'è questo viso triste? Nessuno sta morendo, ma qualcuno ha solo terminato il suo compito» e mentre anche gli altri rivolgevano il proprio saluto verso i nuovi giunti, riprese: «Qualcuno sta prendendo una nuova strada, fiero di aver cresciuto, e forse è un po' merito suo, splendidi individui e splendide cose, in un posto che gli ha dato amore e che spera di aver ripagato»

Ascoltavo attento le parole, poi la mia attenzione fu attratta da un nuovo ingresso. Lady Morgan faceva il suo ingresso al Tempio; per un solo momento rimasi stupito dal vederla senza la tunica degli Alchimisti, poi ricordai, mentre la guardavo avanzare verso i presenti, che già da qualche giorno l'Umana aveva lasciato quell'Ordine.

Alannon rivolse a Morgan, colei che era stata la sua Vice, un affettuoso saluto poi lasciò scivolare sul pavimento la tunica e , sollevando i piedi , si scostò di qualche passo esclamando: «Bene signore, che la vita vi sia propizia, ora e sempre. D'ora innanzi solo Alannon ….di grazia ….Signore!»

Sebbene mi aspettassi quel gesto ne fui comunque colpito, una sorta di bagliore nella mia mente mi offuscò per un istante la vista. Strinsi gli occhi perplesso chiudendoli mentre scuotevo il capo. Per pochi istanti non riuscii a seguire quel che accadeva, i miei sensi erano come offuscati da qualcosa che non comprendevo. Tornò a balenare nella mia mente il pensiero che la Dea stava nuovamente per farsi sentire, riaprii gli occhi ricacciando indietro quel pensiero.

Davanti a me, lontano nella tenue luce del Tempio la figura di Alannon, colui che era detto Maestro, senza la sua tunica, senza i suoi simboli da Maestro degli Alchimisti. Dopo di lui, una dopo l'altra, le Alchimiste che lo attorniavano lasciarono scivolare sul pavimento le rispettive tuniche, gesti tremanti, ma allo stesso tempo sicuri e solenni, stavano calando il sipario su quel che era stato fino a quel momento l'Ordine degli Alchimisti.

Non pensavo in quel momento a quel che sarebbe stato dopo, soltanto lasciavo scorrere lo sguardo incredulo sul susseguirsi di quei gesti.

La Prima Assistente dodae lasciò scivolare la sua tunica, poi la Custode della Terra Oiffos seguita dalla Custode dell'Acqua Lalu.

Preso da quel che stavo seguendo non mi ero accorto del sopraggiungere di Tiberius, il Custode dell'Aria. Riuscii a stento a seguire le poche frasi che il Vampiro scambiò con Alannon, ma l'amarezza delle sue parole è ben chiara ancora oggi nella mia mente, seppur celata dalla fredda inflessione della sua razza. Anche Tiberius infine lasciò scivolare via la sua tunica.

Seguirono poche battute di cui non riuscii a intenderne a pieno il senso, mi stavo già allontanando silenzioso e discreto come sempre.

L'animo scosso, leggermente accaldato da una qualche intima tensione, cercai velocemente l'uscita, tornando a respirare all'esterno l'aria fresca di quella notte di Primavera. Ancora non avevo chiaro quello cui avevo assistito, o almeno la pienezza del tutto.

Ripercorrendo le strette strade della Cittadella tornai veloce all'intimo rifugio che mi dava in quei giorni la Biblioteca. Luri splendeva ancora alta nel cielo, testimone silenziosa come me di quanto era appena accaduto.

Come un'eco lontana, ancora una volta, la voce dell'Elfo, che tutti chiamavano Maestro, risuonò muta nella mia mente: «D'ora innanzi solo Alannon ….di grazia ….Signore».

Ripensavo che mai, come in quel caso, un appellativo era stato tanto calzante a colui che ne era stato oggetto, Alannon Maestro, così sarebbe rimasto per molti di noi.

Le luci del nuovo giorno erano ancora lontane ad Est e, tornato nella Biblioteca, mi lasciai andare triste sullo scranno che faceva compagnia alle mie notti insonni. La tensione che mi aveva coinvolto ebbe il sopravvento e per una volta, dopo tanto, mi addormentai in un sonno intriso di turbamento.»